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DALEK


Negro, Necro, Nekros (Gern Blandsten, 1998) (7.5/10)
From Filthy Tounge Of Gods And Griots (Ipecac, 2002) (6.5/10)
With KID 606 Ruin It EP (Tigerbeat6, 2002) (5/10)
Dalek & Faust: Derbe Respect, Alder (2004) (6/10)


I Dalek sono una posse di hip-hop/rock formata da Dalek (voce e suoni) e The Oktopus (produzione, suoni). DJ Rek, ai piatti, e' stato sostituito da Dj Still attorno al 2001. La loro musica coniuga il rap con il rock industriale attraverso brani cupi ed ossessivi, secondo forme relativamente inedite per la musica nera.


Negro, Necro, Nekros rivela i Dalek nel 1998, contaminando il rap con il rock e altre musiche bianche e si assicura un paio d'anni d'anticipo sull'underground hip hop. I cinque brani sono lunghi, lenti e oscuri. "Three Rocks Blessed" sembra un pezzo della West Coast suonato in depressione e concluso da un raga indiano. "Swollen Tongue Bums" e' piuttosto un brano di rock industriale (suoni pesanti, distorsioni soffocanti) con cantato rap. "Images Of .44 Casings" e' quasi uno spoken word di immagini deliranti. "The Untravelled World" sperimenta con una base avantgarde-noise. Di fatto il disco e' l'opera di un duo di sperimentatori elettronici piuttosto che di una band hip-hop.

Esplorando l'hip-hop da un angolo piu' buio (nelle musiche) e piu' personale (nelle liriche), "Negro, Necro, Nekros" e' in effetti in anticipo di parecchio sulla concorrenza, ma passa quasi inosservato.

Il seguente From Filthy Tounge Of Gods And Griots si apre subito alla grande, sulla feroce "Spiritual Healing", con basso tellurico e riff distorto e tagliente, e sulla epica "Speak Volumes", con tastiere spaziali. La musica, spesso prossima ai Techno Animal, e' un magma oscuro di strumenti suonati live (batteria, chitarre, sitar) e campionamenti vari, sempre fatti passare attraverso una produzione impietosa che indugia sul bordo del caos (e, nel caso di "Black Smoke Rises" ci arriva). I testi dei Dalek, a volte poco in evidenza dietro a una tale aggressione sonora sono permeati di intimismo e religiosita' interiore ("source of all life lies in East".... "pray to ancient ancestors"). Picco del disco: "Forever Close My Eyes", praticamente un pezzo di heavy-rock indianeggiante.

E' invece una delusione totale la collaborazione tra il terrorista sonico per eccellenza, Kid 606, e i Dalek. L'EP Ruin It ci porta qualcosa di buono nel brano iniziale ma tutto il resto e' solo classico Kid, roba gia' sentita insomma. L'ultimo brano e' un macello elettro-noise generato dall'hard disk del Kid andato in crash. Averlo messo in coda a questo EP e' un gesto di somma provocazione e autoironia che la dice tutta.

Stefano Bianchi, su un Blow Up del 2002, ha indicato in "From Filthy Tongue Of Gods And Griots" la terza pietra miliare del nuovo hip hop, accanto all'omonimo dei Clouddead e al secondo dell'Antipop. Pur rispettando il giudizio di Stefano, personalmente non sono d'accordo. I Dalek eccellono nella contaminazione dell'hip hop con suoni piu' tipicamente rock, ma non restano all'altezza di loro stessi nelle liriche, nella dizione, nel flow, che come minimo e' importante tanto quanto le musiche. Ovviamente insistere in sede di recensione sull'aspetto testuale/recitativo del rap significa in sostanza rassegnarsi al fatto che in Italia solo una minoranza striminzita potra' "capire" la maggioranza dei dischi hip hop. In quanti riescono a decifrare lo slang o le allusioni di cultura underground tipiche del genere? Credo che questa problematica faccia semplicemente parte del gioco. Per questo continuo a ritenere il disco dei Cannibal Ox almeno all'altezza del terzetto precedente: non solo per cosa dicevano i testi, ma anche per come venivano cantati/recitati (vedi Rockerilla di Dicembre 2001 per una analisi dei testi dei Cannibal Ox).

Nondimeno i Dalek si sono ormai conquistati un rispetto invidiabile, a nel 2004 si scomodano persino i Faust per la collaborazione di Derbe Respecte, Alder. Si tratta di un disco ostico, dove le improvvisazioni strumentali free form si mescolano a un recitato epico e a percussioni ossessive. Questo non e' piu' hip-hop: piuttosto, par di sentire una versione aggiornata di un cerimoniale pagano di David Tibet (vedasi "Remnants" dove un sussurro di preghiera affonda in un abisso di detriti sonori).


© Lorenzo Casaccia