Preavy Rotation 93

by Andrea Prevignano

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Black Moses, Broken Social Scene, Kepler, Oceansize, Blue Hippos

Black Moses - Royal Stink (2004, Rootbag)
Sixties garage rock e Seventies hard, e il risultato è assicurato. Indecisi se amare di più Who o Mc5 (e come si fa a scegliere tra due amanti così voluttuose e psicologicamente ingombranti?) il trio inglese Black Moses gratta la terra di un blues elettrico selvaggio in puro stile Blue Cheer/Grand Funk Railroad (forse non è azzardato dire che la citazione da Isaac Hayes/Marcus Garvey non è a caso). Il basso, programmato per sfondare i coni delle vostre casse fa molto del lavoro complessivo. Dietro la sigla nomi rassicuranti: Jim Jones (Thee Hypnotics), Graeme Flynn (Penthouse), Dave Axford (Original Sinners, Gang of Four).
Per fan di: Thee Hypnotics, Hellacopters, Teenage Idols
Estratti

Broken Social Scene - Broken Social Scene (2005, Arts & Crafts)
Spiazzante, avvolgente il nuovo album dei Broken Social Scene non è affatto facile all'ascolto, ma conquista se gli si presta molta attenzione. La sensazione è quella di un'alta marea improvvisa, di un crescere lento e minaccioso, ma anche di più canzoni che cercano di prevaricare le une sulle altre all'interno di una singola composizione. Cresciuta fino al numero di undici elementi, la formazione canadese deve molto alla scena coagulata attorno a Godspeed You! Black Emperor e alle formazioni canadesi del postrock delle quali sposa la maestosità quasi classica del suono, ma paga un debito pesante anche al pop traverso di Pavement e Neutral Milk Hotel.
Per fan di: Pavement, Stereolab, My Bloody Valentine
Lover's Spit (video, da "You Forgot It in People")

Kepler - Attic Salt (2005, Troubleman Unlimited)
Lo slo-core ha un suo fascino malsano, ascoltandolo pare di fluttuare in un sogno amniotico, e se ci si lascia trasportare, i pochi BPM concessi diventano colpi inesorabili, e li si aspetta con un fervore che raramentre capita di provare per qualsiasi altra forma di rock. I ritmi rallentati sanno essere anche molto cattivi. Lo dimostra questo buon postpunk album al ralenti dei canadesi Kepler che ha ascendenti nei primi anni Novanta dei rarefatti Codeine o nelle tristi gentilezze degli American Music Club. Intense le canzoni, piacevoli come una mano tiepida e amica.
Per fan di: Seam, Codeine, Bedhead
My Other (audio)

Oceansize - Everyone Into Position (2005, Beggar's Banquet)
Dopo due anni dal debutto "Efflorescence" i mancuniani pubblicano il minaccioso "Everyone Into Position", album percussivo e tribale, psichedelico nel suo incedere plumbeo che fa venire in mente talvolta i grungeismi di Alice in Chains e al tempo stesso le aperture melomdiche dei primi Radiohead. Sono rimasti probabilmente gli ultimi romantici d'Inghilterra a ripetere un suono imponente e possente che non cede mai alle facili melodie dei brit popper del momento (Coldplay su tutti) e anzi si fa forte di riff d'acciaio. Datato ma sempre piacevole.
Per fan di: Swerverdriver, Alice in Chains, Ride
Heaven Alive (video)

Blue Hippos - Blue Hippos (1987, Twin Tone)
Spulciando in un fantastico negozio di dischi mi sono imbattuto in un vinile di una formazione che vagamente ricordavo come una meteora degli anni Ottanta, forse per avere letto una recensione su una rivista specializzata del periodo. I Blue Hippos, nati dallo scioglimento di quella che può considerarsi una seminale formazione protogrunge, gli Otto's Chemical Lounge (da questi nasceranno anche i ferocissimi postpunkster Halo of Flies di Tom Hazelmyer, proprietario della grandissima Amphetamine Reptile) sono autori di un punk funk nervosissimo e spastico, tra i primissimi Red Hot Chili Peppers e i Minutemen. Una gemma grezza e oscura da quel mare sconfinato che furono gli esaltanti Ottanta dell'indie rock americano.
Per fan di: Red Hot Chili Peppers (periodo "Freaky Styley"), Meat Puppets (periodo "Meat Puppets I"), Minutemen
Estratti

© Andrea Prevignano, Lorenzo Casaccia